Clarissa Z.

Una deliziosa prostituta.


Clarissa arrivò al Motel in una gelida notte d'inverno. Era poco vestita e ubriaca. Si avvicinò a me chiedendomi una stanza e una bottiglia di Gin. Vidi che in mano aveva un bicchiere vuoto. Le sue spalle erano quelle di una ragazza ma il viso era provato, stanco, distante. Le assegnai la stanza numero 24. Mi disse che si sarebbe fermata per una sola notte, ma si fermò molto più a lungo.



"Mi ha detto: Che bel corpo che hai! 
Gli ho risposto: E pensa che è soltanto il riflesso della mia anima!"



Clarissa era una prostituta. Sebbene il suo lavoro la costringesse a frequentare principalmente dei balordi, il suo animo era quello di una nobildonna. I suoi modi erano molto eleganti, la sua voce calma e calda e la sua vista eccellente. Possedeva tuttavia degli occhiali da vista che indossava quando intendeva darsi un certo tono, senza rendersi conto di quanto le lenti le distorcessero gli occhi, conferendole un aspetto ridicolo. Si fermava spesso nella Grande Sala a sfogliare le sue riviste sorseggiando Gin, con i suoi vestiti da ragazzina e gli occhiali sul naso, come se fuori non esistesse nessun mondo, nessun uomo.




Appunti di una conversazione con Clarissa: 
- Clarissa è il suo vero nome?
- Certo che no!
- E qual è?
- Non l'ho mai saputo.
- Perché dice sempre che avrebbe preferito nascere sorda?
- Avrei preferito non sentire tante e tali sciocchezze.
- Cosa intende dire?
- Il genere umano è una costellazione di follie. Le nostre case sono una malattia, il denaro è una maledizione e in ogni scelta volta a migliorare le umane condizioni di benessere io vedo, vedo solo ignobili tentativi di autodistruzione, una guerra senza vincitori.
Mia nonna diceva sempre che la semplicità è la cosa più importante e guardi come mi sono ridotta io per non aver ascoltato, per non aver capito.
- Tutta colpa di quell'anello eh?
- È chiaro! Se non lo avessi mai perduto adesso non mi troverei in una simile condizione.
- Ma come è accaduto?
- Non saprei. Lo avevo con me e poi, poi non l'ho più avuto. Lo cerco da quarantacinque anni e nulla, mai più ritrovato.
- Le era stato donato da un uomo?
- No, affatto. Era parte della mia eredità.
_ Capisco.
- Si, proveniva da molto lontano. Da luoghi che forse non esistono più...luoghi di cui non si sospetterebbe neanche l'esistenza. Ha fame Mr. Lenders?
- No.
Io si.
Posso rivolgerle ancora una domanda?
No, la rivolgo io a lei: davvero non ha Fame?




“Nessuno ha mai penetrato il mio cuore!”